Una vita con la Fibrosi Cistica

Prisca e' una ragazza meravigliosa, solare, piena d'amore per la vita e le persone che ha incontrato nella sua vita su questa terra, conclusasi dopo un intenso passaggio durato 28 anni.
Era nata con la Fibrosi cistica, una malattia genetica, la piu' diffusa, in percentuale, nella razza bianca,anche se sconosciuta alla maggior parte della popolazione che non vi sia entrata in contatto per parentele o amicizie.
Nonostante questa malattia complichi notevolmente la vita di chi ne e' affetto, Prisca e' riuscita a mantenere il sorriso sulle labbra e negli occhi fino all'ultimo.
Forse per questo motivo, molte persone continuano a portarla nel cuore e a coltivare amicizie che sono nate grazie a lei.
La sua piu' grande amica ed ammiratrice e' la scrivente che e' anche la mamma.
Il motivo per cui faccio lo sforzo (per me piuttosto grande) di far partire questo blog, e' che ritengo importante condividere la storia di Prisca, le battaglie per la vita, le esperienze vissute legate a questa malattia, perche' quando mi sono trovata a vivere, con la mia bimba prima e poi adolescente e dopo figlia adulta, tutto quello che comporta la Fibrosi Cistica, avrei desiderato confrontarmi con le esperienze di altre persone. Certo, quando ci recavamo presso il Centro per la cura della F.C. di Verona, si incontravano altre persone con cui condividere ciascumo la propria esperienza, ma non sempre si instaurava un rapporto confidenziale tale da raccontarsi il vissuto emotivo quotidiano. Tutt'al piu' ci si raccontavano i problemi e le modalita' pratiche nell' affrontare la quotidianita' di una persona affetta da F.C.
A volte, quando si vivono situazioni che hanno pochi riscontri nella vita delle altre persone che ci circondano, ci si sente un po' degli ufo. Ecco, quello che vorrei fare raccontando la mia esperienza con Prisca e con la Fibrosi Cistica : aiutare altre persone a non sentirsi fuori dal mondo.
Poi ognuno, pur accomunati da un'evento, ha una storia famigliare diversa, un modo di vivere e percepire le cose e anche di reagire diverso, ma nella diversita' resta un sentire e un desiderio di unione al resto del mondo che ci accomuna, come esseri umani. E comunque, le questioni filosofiche le lascio dirimere ai filosofi, personalmente nel momento in cui Prisca e' tornata in cielo, ho deciso che tutta questa esperienza non poteva andare dispersa nel vento. Mi ci e' voluto tempo per riuscire a mettere insieme un po' di pezzi, innanzitutto per riuscire ad accettare che lei non sia piu' qui, in carne (a dire il vero poca carne, come la maggior parte delle persone affette da F.C.) ed ossa. Sono passati tre anni e un po' di mesi ed ora mi sento di poter riuscire a raccontare la nostra storia. Non sono una professionista e non so se saro' tanto brava a raccontare. Per prima cosa provero' ad andare in ordine, ma e' difficile, percio' capitera' che racconti prima una cosa che era successa dopo...ma questo penso che nei ricordi sia abbastanza normale. Conto anche sull'aiuto degli amici che avranno la voglia di leggere questa storia, per renderla utile e chiara.

martedì 20 dicembre 2011

La pagina più difficile

Questa è la pagina più difficile da scrivere. Ho tergiversato, rimandato, autogiustificandomi con mille impegni di lavoro e vari altri, che mi sono effettivamente presa, quasi a sfuggire questo appuntamento ed impegno che ho preso con me stessa e con Prisca, ovvero raccontare il nostro percorso di vita. Un amico di Roma mi ha detto : "E che. la vuoi tenere tutta per te questa esperienza?"
Siamo tutti sotto lo stesso cielo, dicevano i vecchi di una volta, e le esperienze di uno valgono anche per gli altri, anche se di solito preferiamo pensare che a noi non succederà mai la cosa terribile che succede agli altri.
Questa pagina è così difficile perchè è la parte finale, l'epilogo, forse, di un percorso fatto di sofferenze e di speranze. Mentre la stavo vivendo ero come su una nuvola e guardavo tutto quello che succedeva dall'alto, da fuori...penso che gli psicologi definiscano questo stato come una naturale difesa dell'inconscio...di fatto io c'ero, ascoltavo, ragionavo, facevo le cose che c'erano da fare come in trance, anestetizzata, quasi senza sentimenti... Lo scriverne ora comporta il rivivere tutto, momento dopo momento, solo che questa volta non c'è più la nuvola che mi sostiene, e finisco per cadere nel pozzo della sofferenza... Certo che ognuno di questi momenti vissuti li ho rielaborati, pezzetto per pezzetto, in questi quattro anni e mezzo,  tutto insieme mai e comunque per quanto siano elaborati "la brace continua a covare sotto la cenere"...  Ok, sto continuando a tergiversare!
Quando arrivò la chiamata da Bergamo io ero in un grande centro commercile a 15-20 minuti dall'ospedale. Di solito il pomeriggio Prisca faceva la fisioterapia e poi dormiva un'oretta, così io ne approfittavo per uscire un pò dall'ospedale andarmene un pò in giro, distrarmi, per ricaricarmi un pò e magari vedere se trovavo qualcosa da portare a Prisca che potesse distrarla un pò da quel terribile tran tran fatto di orari e regole d'ospedale, di cure pesantissime, continue, senza tregua...spesso girovagavo fra gli scaffali a cercare qualcosa di buono che potesse piacerle, poi esaminavo gli scaffali degli integratori : avrei tanto voluto che fra tutte quelle scatoline ce ne fosse una contenente la SALUTE!
Purtroppo non la trovavo mai. Mi telefonò Prisca verso le 17 mentre ero alla cassa e mi disse "Mamy mi hanno chiamato", ed io ero così persa che le dissi: "Per andare dove?" e lei: "eh, per dove?!" "oh, Pri, scusa, mi ci vorranno 20 min per arrivare, cavoli, vengo subito!"  Arrivai trafelata dopo 20 min, e Prisca non era in stanza, che colpo...chiesi alle infermiere che mi dissero che era stata portata a fare i raggi x ai polmoni. Poco dopo arrivò, accompaganta da un'infermiera che la portava sulla sedia a rotelle, con l'ossigeno e via. Andammo in stanza. Era ora di cena, ma chi poteva mangiare? Comunque la concitazione, cosa dobbiamo fare, mantenere la calma...In realtà i minuti e poi le ore passavano, avevamo fatto tutto quello che dicevano le infermiere, la doccia, la depilazione, lavaggio e asciugatura dei capelli e poi stavamo vicine vicine sedute sul letto ad aspettare : ci chiedevamo se era vero o un falso allarme, come era capitato a Sonia, ad esempio. Intanto avevamo avvertito suo padre, che era al lavoro e doveva fare il viaggio per raggiungerci...i minuti passavano lenti e pesanti, ma di quelle ore di attesa ho un ricordo abbastanza vago : era talmente tanta la tensione per mantenere la calma, nell'attesa di sapere se poi sarebbe stato confermato che i polmoni andavano bene, che è quasi come se il mio cervello in quel momento fosse paralizzato ed ora il ricordo di quelle ore è il più sbiadito di tutti.
Poi sulle 22 la conferma : potevamo partire. Lettino, ambulanza a sirene spiegate e via da Verona verso Bergamo. Un'ora circa di strada, in quell'ora sia io che Prisca mandammo messaggi a tutti i nostri amici per informarli che era arrivato il momento tanto atteso. Poi Prisca volle darmi i numeri di cellulare delle sue amiche più care, perchè io le potessi informare di come stava andando. Il viaggio in ambulanza non era per niente comodo, oltretutto si apriva di continuo l'oblò sul tetto della vettura e il medico che ci accompagnava fu costretto a trascorrere tutto il tempo del viaggio con le braccia alzate a trattenere il tettuccio : è proprio vero che se uno si salva da un incidente poi rischia di morire a causa dell'ambulanza!

sabato 18 giugno 2011

La chiamata

Cercavamo di esorcizzare la tragedia con la comicità. Che poi è il concetto guida del grande Patch Adams.Avevamo guardato il film, letto libri dei suoi seguaci ed estimatori che a loro volta hanno svolto ricerche e studi, come Leonardo Spina e Sonia Fioravanti. Li conoscemmo anche di persona, erano venuti nel paese vicino al nostro, dove era stato organizzato un corso per clown-dottori, che io frequentai. Aveva ben ragione il frate priore de "Il nome della rosa" quando diceva che il riso toglie la paura, e nel suo caso era un danno perchè questo gli toglieva potere, ma nel nostro era l'unica possibilità di vivere e non solo di sopravvivere.
Arrivata la seconda estate in attesa del trapianto, ormai unica speranza per continuare a vivere, la portammo al mare, in un appartamento offerto da una zia. Ma il mare più che altro lo vedeva dal balcone...le sue condizioni di salute non lasciavano molto tempo libero dalle terapie e quando finivano le terapie era troppo stanca per fare le belle passeggiate in spiaggia. Al mare con lei ci stava suo padre; due settimane di tregua per me, anche se poi nel fine settimana la raggiungevo: vederla soffrire era una sofferenza per me, oltre all'impegno per aiutarla a fare le cose; non vederla era un'altra sofferenza...
Tornata a casa dal mare, quell'estate, il suo ragazzo la lasciò, suo padre ed io eravamo in fase di separazione, i problemi di salute non erano certo i soli problemi di Prisca. E tutti grandi.
Tutti problemi che di solito stendono una persona anche presi singolarmente. Avrei tanto voluto che la nostra separazione non pesasse su di lei, cercavo di farle vedere che stavamo molto meglio con una situazione definita piuttosto che confusa, ma non so quanto ci sono riuscita. Anche perchè suo padre non mi aiutava in questo, lui voleva mantenere lo status quo, ma io, dopo aver lasciato le cose come stavano per tanto tempo, senza pensare a quello che avrei voluto  per me, arrivata a quel punto, avevo conosciuto una persona con il quale mi faceva piacere stare, e mi dava sollievo, nelle poche ore a settimana che riuscivo a ritagliare per me, ritenevo che non potevo più stare in quella situazione matrimoniale indefinita. Mio marito aveva ormai una doppia vita in Vietnam, stava a casa 3-4 mesi l'anno, e anche quando era a casa la nostra relazione era una spa, ed io pensavo che stare li ad aspettare di vedere se Prisca viveva o moriva fosse una cosa deleteria per entrambe. Decisi che era meglio pensare che lei avrebbe fatto il trapianto, l'avrebbe superato e avrebbe vissuto molti anni, con una situazione famigliare ben definita e chiara a tutti.
In ottobre ritornò all'ospedale. Io andavo da lei il mercoledì sera, dormivo con lei, e la mattina tornavo a lavorare. Centoventi chilometri separavano la casa e il lavoro dall'ospedale. Poi tornavo il venerdì sera e, se si sentiva sufficientemente bene, il sabato, con scatolone di medicinali al seguito, la portavo a casa per il fine settimana, cosi poteva stare un pò a casa sua e vedere amici. La domenica sera rientravamo in ospedale e da lì io ripartivo il lunedì mattina. Alla fine di novembre lei mi disse : "Devi venire qua con me, io ho più poco tempo, lascia stare il lavoro..." Da li in poi andai da lei ogni sera, poi ci sarebbero state le ferie di Natale e dopo sarei rimasta sempre con lei, prendendo l'aspettativa dal lavoro. Una sera a settimana mi dava il cambio una sua amica, che passava la notte in ospedale con lei. Certo il fatto di avere l'ospedale a centoventi chilometri, complicava notevolmente le cose. C'era anche un'ora e mezza da perdere per strada.
A gennaio rimasi sempre in ospedale con lei. Stare in ospedale penso che sia un pò come essere in carcere : il tempo scandito dagli altri, sempre quel corridoio, sempre quelle facce, le cose che si ripetono giorno dopo giorno, con l'unica variabile dell'andamento della malattia, propria e di quella degli altri. Che poi dovrebbe essere l'unica cosa che conta...ma la giornata è fatta di minuti, di ore che si susseguono...ed in un'ospedale questi tempi sono macigni...
La salute era peggiorata, nonostante il ricovero prolungato e le cure intensive...i fine settimana ormai passavano in ospedale...Prisca stava sempre più ore attaccata alla macchina che l'aiutava a respirare, anzi si può dire tutto il giorno e la notte, si staccava pochi minuti quando doveva andare in bagno, mangiare, bere, fare la fisioterapia.
Prisca voleva vivere. Si adattava alla macchina perchè contava che sarebbe arrivato il trapianto che poi le avrebbe consentito di avere una vita normale.
In quel periodo un'altra ragazza, di qualche anno più giovane di lei, nella stanza a fianco, era entrata in crisi...in generale le sue condizioni erano migliori di quelle di Prisca, ma Francesca non sopportava la macchina per respirare, che l'avrebbe aiutata a superare le crisi...e dopo poche settimane morì.
Il mese di Gennaio fini, iniziò febbraio e Prisca cominciò a stare un pò meglio. Il 5 febbraio facemmo una prima uscita dopo un mese e mezzo che non usciva dall'ospedale. Andammo in un grande centro commerciale di Verona. A Prisca piaceva molto vedere i negozi, fare shopping...Comperò per se una maglietta rossa con stampate figure di simpatici micetti, mi regalò un ombrello rosa...
Il 6 febbraio, verso sera,  arrivò la chiamata dall'ospedale di Bergamo per il trapianto.

giovedì 12 maggio 2011

L'attesa continua

L'attesa del trapianto continuava e la salute peggiorava. Prisca era determita a vivere e, col sorriso sulle labbra, accoglieva chi veniva a trovarla e continuava a portare avanti le sue relazioni come se fosse tutto normale. Normale fare quasi di continuo cicli di antibiotico associati in flebo; normale dormire con una macchina, c-pap, che l'aiutasse a respirare anche quando il controllo del respiro volontario, dormendo, veniva abbandonato; normale girare per casa e fuori, con i tubicini nel naso per avere un po' di ossigeno in piu'; normale attaccarsi una flebo che aumentasse l'apporto nutrizionale prima di dormire e con quella passarci tutta la notte. Normale fare tre aereosol al giorno con varie sostanze, che duravano 20-30 minuti l'uno, normale fare due o tre ore di fisioterapia al giorno. Normale aver dovuto fare un piccolo intervento per inserire una specie di valcola, il port, lo stesso che mettono le persone in chemioterapia, in una vena principale, in modo che non si chiudesse piu' e da li' riuscire a fare tutte le flebo necessarie per continuare a vivere. Nel leggere questo elenco mi spavento anch'io, ora. Eppure anch'io ero entrata in questo stato mentale : se non e' possibile cambiarlo, si deve accettare quello che ci viene dato e viverlo al meglio! Solo cosi', abbiamo potuto vivere in questa condizione per quasi due anni. Non posso negare che ci fossero momenti di crisi e di avvilimento, per entrambe, siamo esseri umani! Quante volte tormando a casa dal lavoro piangevo pensando a tutto quello che aveva dovuto fare la mia Stellina  durante la giornata, mentre io avevo potuto fare il lavoro che mi piace fare, per fortuna, altrimenti non sarei riuscita a sostenere la situazione. E speravo in cuor mio che la giornata per lei fosse stata almeno discreta, tante volte purtroppo non era cosi'. Poi arrivavo, sorridente e felice di ritrovarci, e iniziavamo a fare la fisioterapia, che consisteva in battiture, con le mani a coppa, ritmicamente, sul suo torace, cosa che spesso facevo a tempo di musica per scherzarci un po' sopra. E poi compressioni, per far uscire tutto il fiato e con esso il muco, quella maledetta colla che ostruiva i suoi bronchi e polmoni.
Intanto parlavamo, parlavamo. Io raccontavo della mia giornata lavorativa, delle persone con cui lavoravo e delle loro storie. Lei parlava dei suoi amici, che le avevano fatto visita o telefonato...nonche' delle persone dell'ospedale, medici fisioterapiste, infermiere, il suo mondo di relazioni era anche questo, visti i suoi ricoveri sempre piu' frequenti. Naturalmente in tutte le relazioni e fatti di cui parlavamo, cercavamo sempre l'aspetto simpatico e divertente. In qualsiasi cosa ci capitasse cercavamo la parte divertente, che ci facesse almeno sorridere un po'. Ad esempio, quando era andata a fare l'intervento per mettere il port, dal reparto Fc l'avevano portata nel reparto di chirurgia. La faccenda in se, dura massimo mezz'ora e viene fatta in anestesia locale e un po' di valium per far stare calma la persona. Gia' la sensazione di benessere, che aveva provato Prisca nel fare il calmante, era stato per lei motivo di esaltazione e di battute, per parecchi giorni a seguire. Poi capito' che essendo io fuori dalla sala operatoria ad aspettare, finito l'intervento venisse fuori l'anestesista per dirmi che era finita e che era andato tutto bene. Senonche', vuoi che fosse perche' era estate ed ero vestita a fiori, vuoi perche' ero una donna piacente e l'anestesista, un piccolo uomo calvo, sulla cinquantina, era in cerca di preda, fattosta' che questo signore mi si aggrappo' al braccio, come un polipo, e mi accompagno' al reparto, mentre Prisca veniva riportata in barella. Una volta arrivati nella stanza di Prisca, lui non se ne voleva piu' andare e si mise a dare  disposizioni all'infermiera su quello che avrebbe dovuo fare, cosa che non era mai capitata :  l'espressione di sorpresa dell'infermiera fu molto eloquente! Quando finalmente l'anestesista se ne ando', dopo avermi voluto, insistentemente, dare il suo numero di cellulare, nel caso ci fossero problemi, chiamarlo assolutamente, ed essersi fatto dare il mio, Prisca ed io avemmo materia di lazzi e di scherzi per parecchi giorni, anche con le infermiere e le fisioterapiste del reparto! Questo era il nostro modo di vivere la situazione. Anche le infermiere e fisioterapiste venivano volentieri nella stanza di Prisca, a parte quelle proprio musone, poche per fortuna, tutte le altre gradivano avere un motivo per sorridere. E noi ci impegnavamo a trovarne sempre di nuovi!

venerdì 22 aprile 2011

I giorni dell'entrata in lista di attesa

Quando eravamo andate a Bergamo per essere inserita in lista d'attesa per il trapianto, eravamo partite da un ennesimo ricovero a Verona, dove ci sono stanze individuali per evitare il contagio fra pazienti e messe in una stanza da 4 pazienti appena operati... li' era tutto complicato, fare l'aereosol, la fisioterapia...
Fortunatamente la faccenda duro' solo 2-3 giorni, non ricordo piu'. Fecero velocemente tutti gli esami, uno dietro l'altro, prelievi, TAC, esami di funzionalita' respiratoria... Ce ne fu uno che vollero fare, secondo me piu' per curiosita' che altro, che Prisca non aveva mai fatto...si trattava di far scendere un tubicino con in fondo un piccolo palloncino, dal naso fino ai bronchi...non so come si chiami, fatto sta che questo nel passare dalla gola le fece venire i conati di vomito e il tubicino con relativo palloncino le usci' dalla bocca, anche perche' dopo una vita passata a tossire, gli addominali di Prisca erano veramente forti, aveva la tartaruga scolpita sullo stomaco.
Io ero in corridoio, usci' il medico, che non nominero' anche se lo conosco bene perche' prima era nello staff dei medici del centro Veronese, noto fra i pazienti per la sua scarsa umanita', e ridendo mi racconto' l'episodio... Entrai nel laboratorio che Prisca era sconvolta e innervosita ai massimi livelli, di fronte ad un fisioterapista che a sua volta stava sghignazzando.
Queste sono le cose che, purtroppo, capitano alle persone che sono alla merce' di altre, le quali non sanno calarsi nelle altrui vesti e che non hanno chiaro il fatto che la ruota gira...
Fortunatamente Prisca aveva studiato tecniche di rilassamento e di elaborazione dello stress, e normalmente le provava su di me raccontandomele. In quel momento non le veniva da applicarle su di se, ma vedendola cosi' agitata, io riuscii a mantenere la calma e a guidarla nell'uso di quelle tecniche che lei aveva insegnato a me. Questo era il nostro rapporto di sostegno reciproco : quando andava in crisi una, l'altra si faceva forte per compensare. E cosi' superammo anche questo momento.
In quei giorni Prisca stava non troppo male, avevamo appena parlato con alcuni ragazzi che avevano fatto il trapianto e stavano bene e ci sarebbe piaciuto che la cosa arrivasse velocemente...eravamo cariche di speranza. E' vero che il medico che ci aveva spiegato il trapianto, dati alla mano, non e' che ci avesse dato grandi illusioni, ma quella parte avevamo cercato di ridurla ai minimi termini...per dare piu' rilievo agli incontri con i ragazzi trapiantati ed in buono stato che avevamo incontrato a Verona!
Come si fa ad andare avanti, se non ci si attacca a qualche speranza? Per tutto il tempo in cui Prisca e' stata in vita, non ho mai dubitato che ce l'avrebbe fatta.
Tornammo a casa. Era primavera, verso l'esate, ed inizio' l'attesa della chiamata per il trapianto. Cominciammo a spostarci sempre con il cellulare acceso e incollato a noi, quasi la botticina al collo del cane di San Bernardo!
Per quanto fossi fiduciosa nel trapianto, il mio stato d'animo era un po' di resa : avevo passato anni a studiare, cercare qualcosa che potesse far stare bene Prisca, farla guarire, e nonostante i miei sforzi, e i suoi sforzi e ricerche e prove di ogni genere, eravamo arrivate a questo punto. Era un po' uno stato d'animo come prima dell'esame di maturita' : quando si e' stanchi per il lavoro fatto durante l'anno e gli anni precedenti, si sa che ormai si e' giunti al termine, ma nello stesso tempo c'e' ancora un grande sforzo da fare : la tirata finale!

sabato 26 marzo 2011

L'attesa del trapianto

Per quanto si cerchi di vivere normalmente, sapere che da un momento all'altro possono chiamarti dall'ospedale per farti un intervento di simili dimensioni e simile genere, e' una cosa che condiziona inevitabilmente, nel bene e nel male. Le condizioni di Prisca nell'attesa non miglioravano certo. I suoi polmoni colonizzati da germi resistenti agli antibiotici, creavano problemi sempre piu' gravi : l'infezione che diminuiva un po' mentre faceva cocktails di farmaci in flebo, appena si dava riposo al fisico dalla pressione di antibiotici in quantita', tempo pochi giorni, e riesplodeva con febbre anche alta. E si doveva ricorrere immediatamente al surplus di antibiotici. Quanto piu' possibile facevamo tutto a casa, oramai trasformata in ospedale, con tutte le attrezzature necessarie alle cure, ma anche, sempre piu' di frequente, in ricovero ospedaliero. Il fatto di sapere che c'era questa possibilita' di vita, data dal trapianto, dava la determinazione a Prisca di fare tutto il possibile per tirare avanti e arrivare all'evento nelle condizioni migliori possibili. Ore e ore dedicate alle cure, dalle flebo all'aereosol, alla fisioterapia. Imparammo che tutto dipende da noi nell'affrontare le cose. In certi giorni o addirittura  momenti, ci sembrava di essere all'inferno, in altri momenti ci sentivamo in paradiso. Tutto nella stessa giornata o addirittura nel giro di poche ore. Bastava veramente poco, una telefonata, una visita di persone care, un raggio di sole, un fiore, la capriola del gatto, e il nostro inferno diventava un paradiso. Avevamo imparato a vivere attimo dopo attimo, ad ascoltare solo ed esclusivamente quello che l'attimo ci offriva. Naturalmente Prisca era piu' brava di me in questo, ed io imparavo guardando lei.
Avevamo conosciuto un produttore discografico di Modena, di origine francese.  Una persona interessante e piena di fascino.Veniva a trovarci con una nostra amica cantante. Ci incantava con i suoi racconti di musicisti e cantanti famosi. Con lui parlammo anche del trapianto e siccome era un appassionato di paracadutismo, commento' che e' come buttarsi da un'aereo, sperando che il paracadute si apra...
Una mattina partii da casa per andare a lavorare che Prisca era veramente avvilita : nonostante stesse facendo un nuovo antibiotico da alcuni giorni, anche quella mattina si era svegliata con la febbre.
Andai via con un gran magone, e poco dopo la nostra amica telefono' che quella mattina non poteva venire. Ero sul punto di tornare a casa, quando Prisca mi mando' un sms in cui diceva tutta eccitata :
"Il re di francia e' passato a cavallo da casa nostra e si e' fermato a salutarmi!"  Era il produttore, che aveva un cavallo nel maneggio vicino a casa nostra, e quella mattina facendo un giro a cavallo si era fermato a fare un saluto a Prisca... Questo fatto l'aveva costretta ad alzarsi, andare al balcone; era un evento insolito...in pochi minuti l'aveva tirata fuori dall'inferno e portata in paradiso!
Qualche mese dopo, il produttore si suicido'. Prisca fu assalita da una rabbia feroce per questo gesto di resa e di fuga, mentre lei lottava con tutte le sue forze per conquistare un'altro giorno di vita.

mercoledì 9 marzo 2011

Orfana di mia figlia

Sono stata un po' senza scrivere e quando succede cio' mi e' sempre difficile ripartire. Purtroppo anche se il tempo passa, ci sono emozioni che non si attutiscono, o meglio vanno ad ondate e le onde di dolore e rifiuto e mancanza di Prisca arrivano a volte feroci e non mi permettono di andare avanti nello scrivere, perche' ad ogni modo per riuscire a scrivere bisogna riuscire a distaccarsi un po' dal vivere le emozioni e guardarsi da fuori.... a volte mi sembra di essere orfana di mia figlia.... Ho pensato molte volte a questa cosa e nel farlo mi giudicavo un po' stupida, poi oggi ho scoperto che una giornalista, nonche' mamma che ha perso una figlia, ha scritto un libro con questo titolo e mi sono sentita piu' normale. Ho cercato di leggere l'inizio del libro (Orfana di mia figlia. Morena Fanti), in rete, ma non sono riuscita ad andare oltre le prime righe, mi sono trovata sbattuta dentro un dolore troppo forte, che a volte sembra acquietarsi dentro di me, ma altre volte basta una parola, una situazione, per farmici riprecipitare dentro. Spero di riuscire a leggere quel libro, un giorno non troppo lontano. Eppure io so che devo andare oltre e, forte di tutto questo vissuto, fare di piu,' con l'aiuto di Prisca, per portare a termine la sua e la mia missione. Sono fermamente convinta che se siamo venute sulla terra con questo bagaglio di lavoro, la fibrosi cistica e tutto quello che comporta, doveva esserci un disegno superiore. L'idea che la cosa si esaurisca cosi', con la morte di una delle due, mi fa schifo. E' stata una lunga e impari lotta contro la malattia, una lotta per l'accettazione della malattia,  per vivere nonostante e insieme alla malattia, alle cure che comporta con grande dispendio di tempo, con il cavagliere oscuro che ci camminava accanto.... Molte volte siamo riuscite a sorridergli e molte volte a prenderlo in giro, altre volte abbiamo riso di noi, questa e' sempre stata la nostra unica arma e ce ne rendevamo conto quando ci cadeva, allora correvamo a riprenderla....l'arma del sorriso e dell'ironia! Fino all'ultimo dei suoi giorni Prisca ha abbagliato e illuminato chi incontrava col suo sorriso....Gli ultimi mesi prima del trapianto li ha trascorsi in ricovero; c'era una signora romena a fare le pulizie che mi diceva : "Quando entro in questa stanza mi sembra sempre che ci sia il sole anche se piove...", aveva un'adorazione per Prisca e quando io non c'ero si fermava un pochino di piu' nella stanza e le massaggiava un po' le spalle e poi diceva "Non lo dire a nessuno, io non potrei, se lo sanno mi licenziano"....e se ne andava felice dopo essere stata ringraziata con un grande sorriso....
A volte ero io ad aiutare lei, ma il piu' delle volte era Prisca ad aiutare me perche' tenessi duro per aiutarla. Ecco perche' quando lei e' morta, io sono rimasta orfana.

mercoledì 9 febbraio 2011

Le onde della vita

La vita scorre ad onde. Quello che conta e' riuscire a mantenersi in equilibrio nell'onda che si sta attraversando. Come un surfista. Ho fatto corsi e letto manuali di ogni tipo, vuoi vedere che l'unico che non ho fatto, quello da surfista, e' proprio il piu' importante? Ora che sto superando l'onda dei sensi di colpa, non senza un impegnativo lavoro interiore, mi ritorna l'ondata del senso di mancanza di Prisca. Per quanto io sappia che lei e' sempre con me, giorno dopo giorno, il fatto di non poterla vedere e non poterle parlare in modo chiaro e facilmente comprensibile a me, mi da' sempre un grande turbamento. Quando mi ritorna quest'onda di tristezza chiedo un segno. L'ultima volta che l'ho fatto e' caduto un libro dalla libreria. Di notte, mentre dormivo, senza nessuno in casa che aprisse o chiudesse porte. Un libro che era in quella posizione e non veniva toccato da anni, come ora che l'ho rimesso nello stesso posto da piu' di un mese e non si e' piu' mosso.  Coincidenze? Per il fatto che accadono quando ne ho bisogno e lo chiedo, penso proprio che siano segni. Oggi ne ho chiesto un'altro. Riferiro' se ci sara'. Ho passato anni e anni a studiare e cercare qualcosa che potesse aiutare Prisca a stare meglio. Ora i miei studi sono indirizzati a capire dov'e' e come fare per comunicare con lei. Spero di avere piu' successo ed in tempi piu' rapidi, questa volta! Le mie letture, dopo che Prisca e' andata nell'altra dimensione, sono tutte indirizzate alla ricerca spirituale. Certo, ora la motivazione mi porta in questa direzione, anche se continuo ad interessarmi di chi sta vivendo e lottando con la fibrosi cistica. Avevo iniziato questa ricerca da subito, quando era nata Prisca. Se a 19 anni ti nasce una figlia con una malattia genetica, grazie alla quale ti dicono che avra' vita breve, e, come e' naturale, la tua bimba e' una parte di te, allora sei proiettata direttamente alla Fonte della Vita, a chiederti il senso della vita e della morte. E se normalmente un ragazzo di quell'eta' non ci pensa, perche' e' distratto da tante altre cose; di solito queste riflessioni vengono fatte piu' dalle persone avanti con gli anni, ecco, io cominciai subito a farmi tutte le domande sulla vita e la morte e tutto cio' che le circonda. Una volta mi addormentai cercando fortemente di immaginare come sarebbe stato morire : mi svegliai terrorizzata. Oggi questo non mi succede piu' : vuoi perche' la fede e' aumentata ed ora so che la vita continua, vuoi perche' continuo a pensare che se l'ha potuto fare lei, posso tranquillamente farlo anch'io..... Insomma tutti, ma proprio tutti sono nati e sono morti, molti pensano che questo succeda piu' e piu' volte e che quello che stiamo vivendo e' tutta un'illusione.....strana illusione, dicevamo con Prisca, sembra cosi reale e a volte tanto dura! Intanto il percorso di Ipnosi regressiva con il dott. Bona ho deciso di abbandonarlo : nonostante i suoi libri siano appassionanti, il costo delle sedute ed alcune modalita' poco piacevoli dello stesso dottore, mi hanno distolto da questo percorso. Ma le vie del Signore sono infinite, e anch'io trovero' la mia!

venerdì 14 gennaio 2011

Sensi di colpa

Da molto tempo non scrivo su questo blog. Quando succede questo, di solito, e' perche' mi faccio sommergere dalle quotidiane vicende, anche perche' l'andare dentro alla storia vissuta con Prisca, mi crea uno scombussolamento emotivo che non riesco a reggere. Sono ondate emotive, a volte si e' piu' forti a volte meno, questo per tutte le situazioni che ci impegnano emotivamente. E' una cosa che ho osservato in me e anche in Prisca, negli anni, nelle varie situazioni che si presentavano, sia che fossero legate alla malattia, sia che fossero legate alle altre cose della vita, anche se le ultime erano sempre, inevitabilmente, intrecciate con la malattia. Ora, quando scrivo la nostra storia, non posso fare a meno di riviverla, con la mente, con il cuore, e via di emozioni, a volte di sensi di colpa, che, malefici, vogliono intrufolarsi sempre.... Nel momento in cui vivevamo le varie situazioni, io so che facevo tutto quello che umanamente ero in grado di fare, di piu' non riuscivo, ma ora, a freddo, penso che quella cosa avrei potuto farla diversamente, avrei potuto fare anche quell'altra....misurarsi con la malattia, quando e' grave e prolungata e' uno stress difficilmente quantificabile. L'unica maniera che noi abbiamo trovato, e' stato lavorare sulle nostre condizioni psicologiche, impegnandoci a mantenere equilibrio, logicamente qualche volta abbiamo pianto insieme o separatamente, litigato, urlato, bisogna pur allentare le tensioni che si accumulano....la via migliore e' la terapia del ridere e lo sport, ma arrivato il momento in cui non si riuscivano a praticare, si doveva trovare altro sfogo. Ma erano momenti di breve, brevissima durata, poi ci riattaccavamo alla speranza e al fatto che comunque la vita va vissuta, come ci e' stata data. Tutti vorremmo nascere miliardari con la possibilita' di fare solo quello che ci pare e andare nei luoghi della terra dove c'e' il miglior clima, il paesaggio piu' bello, quando ci va'...mi piacerebbe sentire l'opinione di uno di questi nati miliardari, uno veramente felice, che possa onestamente dichiarare che non gli manca nulla di nulla. Tuttavia, io resto convinta che se noi siamo nati in un certo luogo, con certe caratteristiche, questo e' cio' che dobbiamo sperimentare, che ci serve per evolverci e crescere spiritualmente. E con questa convinzione, Prisca ed io, abbiamo vissuto la nostra vicenda fino in fondo. Penso che i momenti di crisi ci arrivassero quando ci allontanavamo da questo concetto. Forse questa e' una delle "leggi del mondo" citate da Battiato nella canzone "La cura", di cui ho gia' parlato nel post "L'evoluzione"; e in questi momenti in cui mi faccio travolgere dall'ondata emotiva legata alla nostalgia, ai sensi di colpa, devo solo ritornare al concetto che ci ha guidato e sorretto nelle fasi piu' difficili.

domenica 19 dicembre 2010

La decisione del trapianto

La nostra vita era riorganizzata per l'ennesima volta : i miei adattamenti lavorativi alla salute di Prisca, la sua decisione su cosa fare, per sentirsi attiva e partecipe alla vita, senza rinunciare alle sue cure, ma dopo la grossa crisi respiratoria nonostante l'intensificarsi di fisioterapie e cure, la funzionalita' respiratoria continuava a peggiorare. Il nuovo primario del centro, gia' al ricovero in occasione della crisi, aveva avanzato l'ipotesi di metterla in lista per il trapianto polmonare. L'idea ci aveva fatto inorridire entrambe. Era l'autunno 1999.
Sapevamo che poteva essere una buona possibilita', ma anche no. Erano i primi trapianti di polmoni. Ora se ne parla come se fosse una terapia qualsiasi, ed effettivamente la chirurgia ha fatto passi da gigante, molti di piu' della terapia medica. Rifiutammo, avevamo intenzione di farcela senza trapianto. E poi c'erano tante promesse di nuovi medicinali, la terapia genica....
Col passare degli anni pero' la curva della spirometria andava sempre piu' verso il basso, vennero altre due grosse crisi respiratorie, Prisca faticava sempre di piu'. Dopo la terza grossa crisi, pur essendo riuscita a togliere l'ossigeno in ricovero, dopo un paio di mesi a casa, dovette ritornare in ospedale e mettere l'ossigeno fisso. A quel punto avevamo capito e dovuto accettare che l'unica possibilita' di vita era il trapianto. Decidemmo per farlo a Bergamo e andammo a fare gli esami per essere messa in lista. Era l'inizio dell'estate 2005. Tornammo a casa e ancora cercavamo di fare tutto quello che si poteva fare.
Nel frattempo il mio rapporto coniugale era arrivato ai minimi storici : lui stava sempre piu' mesi all'estero, con la scusa che non voleva far mancare nulla a Prisca, cosi' stava anche nove mesi all'anno in VietNam, con tre-quattro rientri di poche settimane, in estate per le vacanze estive, a ottobre in occasione della fiera del suo settore, a Natale, e forse Pasqua. Il nostro rapporto era ridotto ad una S.p.a., unico argomento che condividevamo era la casa e la salute di Prisca e le attivita' inerenti.
Io ero entrata in una depressione feroce, Prisca mi guardava e mi diceva : "Guarda li', come sei messa, fai qualcosa!". Credo proprio che anche per lei fosse troppo pesante e di ben poco aiuto vedermi cosi'!
Non riuscivo a trovare qualcosa a cui aggrapparmi : la salute di Prisca degenerata, il matrimonio s.p.a., il lavoro, ormai pagavo i contributi imps e basta...  Un'amica, mi capi' e mi disse che nella ditta in cui lavorava lei cercavano una persona con la mia professionalita', tra l'altro io avevo lavorato anni prima in quello studio grafico, e mi disse che se volevo avrebbe proposto la mia candidatura. Era difficile per me lasciare a casa Prisca da sola, ma anche la mia presenza in queste condizioni non era di grande aiuto. E cosi' ritornai a fare il mio lavoro. Poi, visto che Prisca spesso aveva la febbre e veramente per lei non era possibile stare a casa tutto il giorno da sola, chiesi ad un'amica casalinga se era disponibile a farle compagnia di mattina, per Prisca sempre il momento piu' difficile, e a prepararle il pranzo. Lei accetto' e fu una bella cosa. Prisca era contenta perche' la conosceva da quando era piccola, eravamo stati in vacanza varie volte insieme, e Memi aveva due figli della stessa eta', per cui le raccontava di loro e lei si svagava ascoltando le loro storie. Quando stava meglio, Memi la accompagnava a fare una passeggiata, o al mercato, altrimenti stava li', le preparava qualche buon manicaretto e se aveva bisogno le dava una mano. In questo modo, potevo partire da casa abbastanza tranquilla, chiedendo la protezione del Signore su di Prisca. Rientravo il pomeriggio sulle 17,30-18 e l'aiutavo con la fisioterapia e intanto parlavamo, parlavamo, parlavamo....di tutto, compreso il trapianto. Una volta lei mi disse : " Ma quando avro' fatto il trapianto e non dovro' piu' fare la fisio, faremo ugualmente le nostre chiaccherate? Altrimenti a me mancheranno..."

domenica 12 dicembre 2010

La vita quotidiana

La nostra vita scorreva tra gli alti e bassi legati alla malattia : quando Prisca stava meglio riuscivamo a fare piu' cose, seguire spettacoli, le nostre ricerche spirituali, quando stava peggio un po' meno. Ad ogni modo avevamo sempre amici a casa. L'anno dopo che aveva finito il liceo, a 20 anni, Prisca ebbe la prima grossa crisi respiratoria. Aveva passato l'estate cosi' cosi', quell'anno, a settembre stavamo decidendo di chiedere un ricovero, quando d'improvviso una notte, Prisca fece sempre piu' fatica a respirare, sembrava che i bronchi fossero incollati dentro e facessero fatica ad aprirsi per far entrare l'aria. Andammo all'ospedale vicino a casa, fu ricoverata, e dopo qualche giorno portata a Verona, visto che li' le sue condizioni peggioravano e basta. Io avevo appena iniziato a lavorare in un'azienda modenese, uno dei miei innumerevoli tentativi di realizzami col lavoro, lasciai tutto per assisterla.
Tornate a casa cercammo di fare ancora di piu', io mi rimisi a lavorare a casa, come libera professionista. Poi organizzavo cose in casa nostra per fare in modo che Prisca potesse partecipare ad attivita' di gruppo senza avere l'onere di fare degli spostamenti, visto che ogni minuto era prezioso, il tempo da dedicare alle cure diventava sempre piu' esteso.  Ad esempio avevamo organizzato un corso di meditazione ed ogni settimana  ci ritrovavamo nella mansarda, con il nostro amico Mario che guidava le meditazioni. Abbiamo passato molte belle serate in compagnia in questo modo. Il gruppo degli amici di meditazione, prevalentemente donne,  e' rimasto unito nel tempo, e ancora oggi ci ritroviamo a meditare, a pregare, a chiaccherare e gozzovigliare. In un'altro periodo avevo organizzato un corso di Yoga, questo ha avuto meno successo. E poi un corso di Danza del ventre. E la serata al circolo con spettacolo di danza del ventre....tutto cio' sempre con un po' di affanno per riuscire ad infilare tutte la cose della giornata....
La vita andava avanti, con i problemi quotidiani di tutti : gli impegni , i rapporti con le altre persone, le contingenze con cui si ha a che fare normalmente. Finito il liceo, brillantemente, pur con le assenze e le difficolta' di una ragazza che si ammala spesso, quindi oltre allo studio e alla frequenza della scuola, tempo da dedicare alle cure, Prisca si prese un po' di tempo per decidere cosa fare da li in poi. Per prima cosa prese la patente e , strano ma vero, per lei che era stata sempre cosi' brillante a scuola, la guida non era cosi' immediata...ma anche questo scoglio venne superato nel giro di qualche mese. Poi la sua decisione fu di fare la Terapista Craniosacrale e Naturopata.  Era un tipo di terapia che da qualche anno stava sperimentando su di se e la faceva sentire meglio: si era convinta che avrebbe potuto aiutare molte persone a stare meglio e questo le piaceva molto. Quando inizio' a praticare sulle persone, mi diceva : " Quando una persona ritorna e mi dice che dopo la mia terapia sta meglio, tu non puoi immaginare come mi sento io dentro, la gioia che mi viene..."  Certo, era una scelta difficile : non si puo' fare terapia sugli altri tossendo, la persona trattata non si rilassa e poi chi sta praticando non puo' concentrarsi totalmente su quello che sta facendo, ed in questo campo, per operare al meglio, bisogna essere concentrati al cento per cento. E dunque anche qui problemi : doveva fare un'accurata fisioterapia su di se prima di trattare altre persone, e a volte questa fisioterapia la sfiniva e ci voleva un po' di tempo di recupero, ma non sempre era possibile, perche' c'era l'appuntamento e la persona arrivava e poi doveva andare via in fretta... e cosi' bottigliette d'acqua sempre a portata di mano, e Pastiglie del Resole, per calmare lo stimolo della tosse che poteva arrivare improvviso...  Nonostante tutto cio', le terapie che praticava sugli altri davano buoni risultati, c'era il passa parola e le persone tornavano o mandavano altri perche' si trovavano bene ... Ma certo Prisca non poteva lavorare piu' di due o tre ore al giorno...a periodi, non sempre, e andando avanti, compromettendosi sempre di piu' la funzione respiratoria diventava sempre piu' difficile per lei. Le ultime terapie le ha praticate collegata al tubicino dell'ossigeno.

martedì 16 novembre 2010

L'accettazione

Accettare il fatto di dover vivere con una disfunzione limitante e' difficile, soprattutto quando le informazioni, le statistiche, dicono che questa disfunzione comporta una vita piu' o meno breve. Nessuno di noi sa quanto durera' la sua vita, la convenzione sociale vuole che un bimbo cresca, diventi adulto, con tutto quello che comporta, cioe' studio, lavoro, carriera, si sposi, prolifichi, diventi vecchio e poi muoia contento di aver fatto tutto cio'. Questa e' l'dea socialmente accettata e accettabile. Ma molte volte non va in questo modo, e siamo poi sicuri che per la funzionalita' corretta dell'universo, soprattutto della parte spirituale che e' NOI,  che e' IO, questa sia l'unica possibilita' giusta?
Una persona che ha la f.c. apparentemente non ha nulla, a parte il fatto che tossisce spesso, l'aspetto e' di una persona sana, l'intelligenza spesso e' superiore alla media. Prisca e' sempre stata una bella bimba e, da grande, una bella ragazza, sveglia, socievole e con uno spiccato senso dell'umorismo. Personalmente ho sempre fatto di tutto perche' non si sentisse diversa dagli altri, ed il fatto di non avere nulla di diverso nell'aspetto, aiutava. La differenza e' tutta interna, sottile, subdola, ci sono questi canali di secrezioni interne che si intasano sempre di piu', col tempo, nei bronchi, nel pancreas, a volte nel fegato, dipende dai casi, nella similitudine ci sono anche grandi differenze.  Per un po' di anni era tutto regolare, bronchiti abbastanza frequenti d'inverno, qualche focolaio nel corso degli anni, ma nelle nostre zone dove l'inverno e' lungo, freddo e umido, capita a molti bimbi. Crescendo, la faccenda dovrebbe migliorare e i bimbi di solito si fortificano. Tante persone mi dicevano questa cosa, dentro di me sapevo che non sarebbe stato cosi' nel nostro caso, cosi' mi avevano spiegato. A volte mi chiedo anche se con tutte queste informazioni non siamo state condizionate che doveva andare in un certo modo e cosi' e' andata....ma in effetti ci dicevano anche che c'era chi sta abbastanza bene...ed e' vero ne abbiamo conosciuti di adulti con Fc!  Man mano che gli anni passavano, vedevo che mentre i bimbi della sua eta' iniziavano a stare sempre meglio, lei non migliorava, anzi la tosse l'accompagnava sempre piu spesso, nonostante la fisioterapia, gli aereosol, medicinali vari ...  Prisca aveva sugli 8-9 quando mi venne un eritema, con tanti puntini rossi che mi davano un forte prurito. Andai dal medico di famiglia che mi diede una crema al cortisone. Non mi passo'. Dopo una decina di giorni tornai dal medico che non capiva cosa fosse e cosi' mi mando' da un dermatologo, il quale mi esamino' con il microscopio e suppose che fosse un parassita e mi dette due pomate al cortisone. Nel frattempo mi era capitato fra le mani un libro di un medico svizzero, il dott. Birker-Benner, che oltre a curare le malattie con l'alimentazione, insegnava anche dei trattamenti naturali e fra questi le spugnature calde e fredde e le docce scozzesi. Ebbene, quella sera esasperata dal prurito e per nulla convinta dalla diagnosi di questo dermatologo, prima di andare a letto mi feci le spugnature calde e fredde intorno al collo e sul torace dove avevo questa specie di eritema. Il mattino successivo era molto meno irritato e quando mi riprendeva un attacco di prurito andavo a bagnarmi e mi passava. Il giorno dopo, per evitare di allagare il bagno, iniziai a farmi le docce scozzesi. Tempo tre giorni e mi era andato via quasi tutto. Senza il doppio cortisone. Da li iniziai a pensare che forse anche Prisca poteva star bene con rimedi naturali. E cosi' iniziai a cercare informazioni in ogni direzione, a leggere tutti i libri che trovavo sui rimedi e le cure naturali. Come ho gia' detto nei post precedenti, abbiamo provato di tutto, prima finche' era piccola lo facevo io, l'alimentazione curata in modo particolare, la ricerca di integratori, di alimenti che potessero aiutarla a rinforzarsi, poi da grande comincio' ad interessarsi anche per conto proprio. Devo dire che in un primo tempo mi ero veramente entusiasmata e ci speravo proprio di ottenere buoni risultati con queste cure. Purtroppo la fibrosi cistica e' una faccenda complessa ed i risultati si facevano attendere. Pian piano dovetti accettare il fatto che la disfunzione c'era veramente, non era contollabile con la buona volonta' e le cure che avrebbero aiutato un fisico semplicemente gracile, in questo caso non erano risolutive, tuttalpiu' davano qualche sollievo. Una cosa che non abbiamo provato mai e' stato di prendere le sostanze naturali associate e ad alti dosaggi, come si fa con gli antibiotici, nella cura della f.c. Ora, io resto convinta che nella natura ci sia tutto quello che serve, che noi non sappiamo usarlo perche'quello che si sapeva e' stato accantonato per dar spazio alla ricerca che in questi anni si e' indirizzata verso le sostanze di sintesi, in quanto piu' facili da gestire (cosi' si dice), brevettabili e dunque piu' redditizie per chi le produce. Pur pensando cio', le cure di cui si vedevano risultati positivi in tempi relativamente rapidi, erano quelle. Anche se poi, sul lungo periodo, l'effetto non persisteva. A volte mi chiedo se non sia stato un errore abbandonare man mano le cure che sperimentavamo, quando non vedevamo risultati rilevanti, magari si dovrebbe andare avanti ugualmente per molti mesi, ma e' difficile quando i risultati che inizialmente promettono molto, poi non si riscontrano, non dico consistentemente, ma anche solo un pochino visibili!  Ad un certo punto eravamo diventati amici con persone meravigliose che hanno una ditta di prodotti erboristici e anche loro cercavano e mandavano a Prisca i prodotti che ritenevano piu' utili, tipo l'alga Spirulina, ottimo integratote, certi enzimi di origine vegetale, il meglio che la natura possa offrire.Una di queste sostanze che ci aveva acceso grandi speranze era l'Estratto di semi di pompelmo. Anche questa sostanza sperimentata dagli amici e da me personalmente, era stata efficace  (a me ha risolto un'infezione alle vie urinarie molto rapidamente). E poi l'Echinacea. E il Ribes Nigrum. Penso che da quando era una bimbetta, ne avremo consumato qualche centinaio di bottigliette. Ha un effetto antiinfiammatorio, dovrebbe essere l'equivalente naturale del cortisone, senza i suoi effetti collaterali. Su di me funzionava benissimo. Ad un certo punto avevo letto il libro di Padre Romano Zago, sui benefici dell'Aloe. Comprai la pianta ed iniziai a fare la preparazione, come indicato nel libro. Per qualche mese Prisca bevve questa specie di sciroppo. Che dire : gli effetti, se c'erano erano molto sottili..., magari prendeva un po' di peso, un buon integratore. Oggi le piante di Aloe in casa mia sono decine, potrei mettermi a venderle, quando avevo acquistata la prima era stata anche costosa. E lo sciroppo di lumache. Cose che a fisici che funzionano correttamente probabilmente fanno un gran bene, ma noi vedevamo veramente pochi effetti. Per alcuni tempi abbiamo provato a integrare l'alimentazione con tante altre cose, in forma di capsule, sciroppi o polveri da mescolare ai cibi. Ma alla lunga era uno stress che rischiava di essere controproducente, tenendo conto del fatto che gli estratti pancreatici non si possono certo abbandonare, almeno non nel suo caso, e quando gia' si ingoiano una decina di capsule a pasto, aggiungerne parecchie altre e' pesante.  Non per questo smisi di usare tutto quello che avevo imparato e di stare con le antenne a mo' di radar per captare una qualsiasi cosa che potesse aiutare a star meglio la mia Stellina, ma cercai intanto di smettere di sentirmi sconfitta ogni volta che dovevo ricorrere all'antibiotico...con scarso risultato devo dire, perche' anche negli ultimi tempi, per quanto ormai avessi dovuto accettare che senza antibiotici avrei perso Prisca da tempo, mi angosciava sempre il doverle preparare le flebo di antibiotici e vedergliele scendere lentamente nelle vene.... Eppure, questo ci era stato dato e con questo dovevamo fare... Per quanto ogni colpo di tosse mi creasse ansia, ad un certo punto dovetti accettare che quello con cui avevamo a che fare era questa cosa, questa malattia bastarda, che al momento non era eliminabile, e che potevamo farci schiacciare e vivere nell'angoscia costantentemente, oppure accettarla e vivere al meglio tutto quello che si poteva, anzi vivere al massimo, il sempre meno tempo libero che le cure lasciavano, non solo, anche nel far le cure ci preoccupavamo di avere sempre bella musica in sottofondo, negli ambienti in cui stavamo stampe o immagini colorate per ricordarci che la vita e' un barattolo di catarro, ma anche un campo di girasoli o il mare turchese, o una montagna innevata con i riflessi rosati di un tramonto, un lago pieno di ninfee....il fiore della vita, per gli Indu'.
Noi avevamo scelto di andare al massimo! Certo, sempre con i limiti di quello che ci era stato dato...
Questo concetto era talmente entrato nella nostra testa, che non ci facevamo limitare dalla banalita' di quello che potessero pensare gli altri, ad esempio ad andare in giro con lo stroller o con le flebo, e cosi andavamo a convegni con le flebo da fare, attaccate alla maniglia di una finestra o al chiodo di un quadro. Con questo pensiero, abbiamo fatto molte piu' cose noi, nostante i limiti, di tante altre persone piene di salute che si lasciano vivere! Una volta Prisca prese la macchina, ando' al Festival della Poesia a Castelnuono Rangone, un paese poco distante dalla nostra abitazione, con lo stroller.  C'era E.Sanguineti, il Poeta in persona, quello che lei aveva studiato al liceo, non poteva mancare! Piu' tardi la raggiunsi anch'io. Alla fine della conferenza incontrammo la prof. di Italiano che aveva avuto Prisca al liceo, la quale nel vederla li' con tanto di ossigeno, si commosse moltissimo e disse che quando incontrava i suoi allievi a queste conferenze, sentiva di aver fatto bene il suo lavoro. Ecco un caso in cui fare una cosa che appassiona, fa bene non solo a se stessi, ma anche ad altri!

martedì 26 ottobre 2010

Crescere con la fibrosi cistica

Quando venne fatta la diagnosi,  nei primi tempi, anche se mi avevano spiegato un po' cosa comportava la disfunzione e con le poche informazione che ero riuscita a reperire per conto mio, all'epoca non c'era internet e nei testi universitari di medicina c'era solo un piccolo paragrafo, non riuscivo bene a rendermi conto di che cosa ci fosse capitato e cosa avrebbe comportato per la nostra vita.
Durante il primo ricovero presso il centro piu' specializzato, forse l'unico che c'era in Italia all'epoca, ci informarono  dettagliatamente, anche per farci capire che l'unica possibilita' di sopravvivenza erano le cure e la fisioterapia costanti. Una giovane infermiera, con la treccia, sembrava Heidi, comprendendo quale scombussolamento dovesse essere per una  mamma, si adopero' per farmi coraggio, spiegandomi che questi bambini sono di un'intelligenza superiore alla media, cercando di dimostrarmi quanto ero stata fortunata ad avere una bimba con questo problema anziche' altri tipi di problema.
Li' per li' capivo solo la sua dolcezza, e non certo quello che mi stava dicendo!
Devo dire che negli anni ho avuto modo di costatare che effettivamente in questi bimbi c'e' una marcia in piu', sia in Prisca che in tutti gli altri bimbi e ragazzi che ho conosciuto frequentando il centro.
In questo periodo ho inizaito ad andare da uno psicologo di Bologna, il dottor Bona, che cura anche con l'ipnosi regressiva, e lui mi ha confidato di aver avuto in cura, nel corso degli anni, 5 ragazzi con la F.C. e mi ha detto che erano tutti ragazzi fuori dal comune e lui si e' convinto che la Terra non sia un pianeta adatto a loro, per quello non possono respirare l'aria della Terra : sono d'accordo, ma in che pianeta si potrebbe emigrare? Si cercano suggerimenti.....
E le mamme. Donne che venivano da tutte le provincie d'Italia, che stimolate da questo evento capitato nella loro vita, hanno tirato fuori certi muscoli interiori che normalmete sarebbero rimasti li', inerti, atrofizzati. Il fatto di avere sempre la speranza che qualcosa si possa fare per prolungare la vita di questi figli meravigliosi,  fa venire fuori tutta la voglia di combattere, di mettercela tutta. Anche i papa', ma generalmente lasciano il campo alle madri, d'altra parte e' nella tradizione, anche perche' si iniziano le cure fin da quando sono piccolissimi ed in genere, dei neonati, se ne occupano prevalentemente le madri. Tuttavia, nel centro cercavano di coltivare anche l'approccio psicologico alla malattia e il coinvolgimento di tutta la famiglia, nonni compresi, ove possibile, per dare sollievo alle madri e non farle sentire sovraccariche di impegno oltre che di responsabilita' o per tutte le evenienze che possono capitare nella vita.
Ci insegnavano l'importanza del movimento e della vita all'aria aperta, quando normalmente un bimbo malato viene tenuto in casa per giorni per farlo guarire prima, a noi dicevano di coprirci bene e di uscire con tutte le temperature, neve e ghiaccio compresi. Istruzioni per l'uso.....
Devo dire che in un primo tempo tutto cio' fu rassicurante : dava un po' l'illusione di poter controllare la faccenda. E anche mi piaceva  pensare questo.
C'era una carica umana in questo reparto veramente bella ed importante per i ragazzi che andavano li' ricoverati e per i loro genitori. Si lavorava con la fisioterapia, con l'assistenza ed i consigli di bravissime fisioterapiste, si facevano visite ed esami, ma poi si usciva in giardino, era un vecchio Istituto Ospitaliero ottocentesco, con all'interno parecchi prati e grandi alberi, giochi come ai giardini pubblici....quando Prisca era piccola  andare al controllo o al ricovero era un po' una vacanza, passato il momento critico dell'iniezione o del prelievo....poi si stava con altri bimbi a giocare e le mamme a volte si fermavano a chiaccherare....in mancanza di internet ci si scambiavano cosi' informazioni ed esperienze...a volte terminavo le conversazioni carica di angoscia per aver ascoltato esperienze piu' difficili della nostra ed altre volte carica di speranza per aver sentito di bimbi  piu' grandi che stavano bene ed avevano una  vita quasi normale...
Gli anni passavano e i controlli ed i ricoveri si intensificavano, ed ogni volta che ci alzavamo alle 6 per andare ad un controllo, ci preparavamo gia' con un po' di ansia, anzi a volte l'ansia iniziava gia' dal giorno prima....come risultera' la spirometria, e gli esami, verranno evidenziati problemi tali per cui serva una cura di flebo a casa o in ricovero??? Di solito sapevamo capire gia' da sole se c'erano peggioramenti, a volte non lo volevamo sapere...  Poi il viaggio, 1.30h di strada, a volte , soprattutto negli ultimi anni, passati a tossire e sputare catarro, dopo aver fatto l'aereosol prima di partire da casa.
Quella tosse, con quel fiato che non bastava mai...a volte, anzi quando succedeva di sentire la fatica a tirare su il respiro,  stavo senza respirare anch'io....
Negli anni in cui stava meglio, e soprattutto quando andavamo ad un controllo un po' piu' tranquille, viaggiavamo con la musica a tutto volume e cantavamo a squarciagola, ....Sunday bloody sunday.... o quello che ci passava per la testa a seconda del momento storico che stavamo attraversando : la musica e' stata sempre una stupenda compagnia, ci ha sempre aiutato a superare momenti difficili e a godere maggiormente dei momenti piu' belli...
Cantare a squarciagola era un bello sfogo per entrambe, per non stare a sentire la noia per quel viaggio che non avevamo poi tanta voglia di fare, ma che ci toccava fare....
Gli ultimi mesi di vita Prisca li ha passati in ricovero, l'infezione incontrollabile non ci consentiva di fare le solite cure a casa, ma anche li' la musica non mancava mai : un po' la compagnia di Radio DJ, momenti di Mozarth e soprattutto Ben Harper, Diamonds on the inside....una delle infermiere quando doveva fare operazioni che creavano tensione in Prisca chiedeva di accendere questo disco : si era accorta che stava piu' rilassata con l'ascolto di Ben!

giovedì 23 settembre 2010

Medicine integrative 2

Mi rendo conto che un argomento di questo genere, soprattutto quando a leggere ci sono anche persone con F.C., non si puo' liquidare tanto velocemente.
Io posso portare le mie esperienze e le mie riflessioni.
Chiaramente ognuno puo' prendere spunto per ampliare le proprie riflessioni, secondo il proprio caso.
Oppure puo' decidere che per il proprio sentire, per il proprio momento storico-evolutivo, non condivide nulla di quello che dico io e optare per scelte opposte, e andra' benissimo anche cosi'.
Da quando e' mancata Prisca, oltre a cercare di ricostruirmi, visto che e' come se fosse stata amputata una grossa parte di me, o forse proprio nel cercare di ricostruirmi, ho passato e sto passando in rassegna tutto il nostro vissuto insieme, e le scelte fatte nel corso degli anni. Quello che mi viene da pensare e' che per quanto abbia fatto tutto il possibile, tutto quello che mi sembrava giusto, momento dopo momento, stando sempre come un radar a sentire tutto e tutti, per aggiungere alle gia' tante cure che faceva quotidianamente, qualsiasi altra cosa che potesse essere di aiuto, c'e' sempre qualcosa che forse potrei aver fatto e non ho fatto.... Mi sono interessata di tutto, dalle ricerche scientifiche, a tutte le medicine dette alternative e le abbiamo provate. Qualche volta abbiamo avuto successo. Ad esempio, in un periodo, andava alle superiori, era venuto fuori l'aspergillo. E non e' che le medicine siano tanto efficaci su questo. Provammo una costosa cura omeopatica, e quando torno' a fare gli esami i valori dell'aspergillosi si erano di molto riequilibrati.  Una volta, durante un ricovero le venne una flebite in un braccio, cioe' quella fu la prima volta, dopo successe ancora, ma eravamo attrezzate. Allora le infermiere le fecero un bell'impacco con la cremina ritenuta la migliore per questi casi.
Che brave persone queste infermiere che abbiamo incontrato nel centro F.C di Verona. Tuttavia il dolore al braccio non diminuiva, e batteva ed era gonfio e caldo. Allora mi sovvenne che avevo letto e sperimentato dell'argilla, che andava benissimo sugli ematomi da cadute, quando era piccola. E cosi' uscii dall'ospedale, andai in erboristeria, comprai un sacchetto di argilla verde, ne feci una cremina che misi sul suo braccio, in uno strato generoso e richiusi li', coperta da una garza. Molto rapidamente il dolore si placo' ed il giorno dopo andava gia' meglio. E questo si e' ripetuto. La cosa che non capisco e' il perche' nella mentalita' "scientifica" di oggi, non si possa accettare un rimedio semplice, cosi' com'e'. Se le cose non sono estratte e manipolate e titolate, elaborate ed incapsulate non sono accettabili.
Sembra che la natura sia stata bocciata. Ora va bene solo cio' che viene rielaborato dall'uomo. Forse l'uomo-scienziato oggi ha superato Dio? A questo proposito riporto un discorso del Prof Mastella, medico che io stimo moltissimo, tuttavia anche lui intrappolato in questa rete scientifica :

dal sito della fondazione F.C. "Domande e Risposte" del 24.04.09 Allicina (un composto dell'aglio) e Pseudomonas aeruginosa e del 05.01.10 Aglio (allicina), raffreddore comune e fibrosi cistica; e in "Progressi di Ricerca" del 18.09.06 Aglio e Pseudomonas aeruginosa.

Sui benefici dell'assunzione empirica dell'aglio è difficile fare molte considerazioni: qualsiasi intervento di presunto significato terapeutico è difficile da valutare se non con uno studio rigorosamente controllato.

Circa l'incoraggiamento ad una ricerca sull'aglio, bisogna dire che al momento abbiamo ancora poche e convincenti ricerche sul possibile effetto antibatterico e antinfiammatorio di allicina, anche se vi sono parecchi studi di laboratorio puro. Vi è un unico studio, metodologicamente corretto, sull'impiego di allicina sull'uomo per la prevenzione del raffreddore comune (vedere la risposta del 05.01.10), che è una infezione banale da virus. Lo studio è stato fatto però su soggetti sani: la fibrosi cistica è tutta un'altra cosa e bisogna fare i conti con la complessità della malattia polmonare. Oltretutto non sempre siamo in grado di riconoscere se una esacerbazione sia stata favorita da una infezione virale o da altro. Non è detto che non si apra qualche prospettiva più convincente in futuro anche su questa sostanza, ma al momento le priorità sono altre. Inoltre va ricordato che quando si vuole studiare un farmaco in vivo bisogna ricorrere alla sostanza pura , con dose ben definita: nel caso dell'aglio sarebbe difficile usare il bulbo tale e quale, in cui l'allicina può essere presente in misura variabile e non controllata.

A parte il fatto che il raffreddore, banale infezione da virus, nel caso di Prisca ha sempre aperto le porte ad una bronchite e via discorrendo, la domanda che mi sorge spontanea e': ma noi siamo cosi' standardizzati e titolati da non poter entrare in contatto con sostanze che non lo siano? La nostra natura umana, non e' piu' simile allo spicchio d'aglio naturale che ad un flacone di estratto, titolato, d'aglio? Oppure, nel caso questo aglio facesse bene, vale la pena di aspettare uno studio rigorosamente controllato, quando questa cosa e' li, a disposizione di chicchessia, ad un costo minimo, irrisorio se confrontato a qualsiasi medicamento titolato? Questo dell'aglio era solo un esempio per riflettere sul metodo della medicina attuale. Che non intendo demonizzare, ha molti, moltissimi pregi, ma tende ad escludere le cose che l'umanita' con la pratica e l'esperienza, ha imparato nel corso della sua esistenza. Perche' mai una esperienza deve escludere l'altra, se questa ha anche solo una parte di validita'? D'altro canto anche la scienza delle sostanze titolate, che anche noi abbiamo seguito, non ha saputo far stare bene mia figlia. Forse dovrei dire che in questo caso hanno fallito tutte, visto che abbiamo usato tutto.
Anche la pranoterapia, ad esempio. Per un po' era funzionata, valori migliorati, infezioni un po' meno frequenti. Avevamo provato con un pranoterapeuta nella nostra citta', che aveva fatto cadere le verruche al figlio di una mia amica, in 2-3 sedute. Poi dopo qualche mese i miglioramenti visti, erano spariti e si era da punto a capo. Questa cosa e' successa varie volte, con diversi tipi di terapie. A volte gli effetti positivi duravano piu' a lungo a volte meno...ma che dire, sempre meglio che niente!
Piu' volte abbiamo potuto constatare che in condizioni psicologiche favorevoli, anche le infezioni si risolvevano prima. Da grande aveva imparato a fare le visulizzazioni, e quando era stata malissimo, la prima grossa crisi a 19 anni, si era risolta piu' rapidamente dopo che aveva messo in campo queste tecniche, che volevano portare alla guarigione spirituale, profonda. Poi passata l'emergenza si metteva da parte tutto. A volte c'era anche la voglia di un po' di vita normale, da parte di entrambe.
Ma la vita con F.c. e' una vita speciale, e non si puo' mai abbassare la guardia. Io sto ancora cercando di capire se abbiamo sbagliato qualcosa, od omesso qualcosa. Forse, nonostante le esperienze positive con queste cose piu' sottili, che vanno oltre le cure, i chili di antibiotici, gli integratori, le pratiche mediche e fisioterapiche di vario genere, non abbiamo avuto abbastanza fede e costanza.
Attualmente sto andando da uno psicologo divenuto famoso per curare e aiutare le persone a trovare pace con l"ipnosi regressiva. Si chiama A. Bona. In uno dei suoi libri , il piu' complesso, ma anche il piu' affascinante, che si chiama "Il palpito dell'uno", si dice che noi creiamo attimo dopo attimo il nostro mondo e quello che ci capita. Questa cosa naturalmente non mi e' nuova, fa parte anche delle filosofie orientali, l'avevamo gia' conosciuta facendo la meditazione trascendentale (Osho), la meditazione Yoga, che affonda le sue radici nelle antiche scritture indu', Veda, o ad un seminario del guru delle star (fra i suoi seguaci anche Bill Clinton), Deepak Chopra. Avevamo provato a fare anche queste cose, ed effettivamente come ho detto, le visulizzazioni, le meditazioni, aiutano a stare meglio, le aveva sperimentate anche Prisca, ma ci vuole disciplina e fede, e forse questo ci e' mancato.
E' il mio prossimo obiettivo capire questo. Non servira' per Prisca, ma magari aiutera' qualcun altro, e tutta questa ricerca non sara' dispersa nel vento......
Intanto posso dire che con la meditazione riesco ad avere momenti di profonda serenita' e pace.

venerdì 10 settembre 2010

Le medicine integrative

Prisca fin da quando aveva 7 mesi e' stata seguita dal Centro Fibrosi Cistica di Verona. Li' ci spiegarono bene le caratteristiche della malattia e il suo possibile andamento. E consigli su quali comportamenti tenere con una malattia di questo tipo, ad esempio l'importanza del movimento e della vita all'aria aperta. E poi ci insegnarono la fisioterapia, che negli anni si e' andata evolvendo, insistendo sull'importanza di questa. E poi l'aereosol, la somministrazione delle medicine, e l'alimentazione, insomma un po' tutti gli aspetti della vita con la fibrosi cistica. In tutto cio' si doveva anche cercare di vivere la vita quotidiana nel modo piu' normale possibile. I primi anni stavo a casa con lei. Quando aveva tre anni ritenni giusto farla andare alla scuola materna fino a mezzogiorno, per farla stare con gli altri bimbi, e questo le piaceva. Poi quando ne aveva quattro iniziai a lavorare presso uno studio grafico. A lei non piaceva stare alla scuola di pomeriggio, perche' li mettevano al buio in uno stanzone a dormire. Lei mi diceva che non riusciva ad addormentarsi e per lei quell'ora era un incubo.... a volte mi diceva : "Se proprio devi andare a lavorare portami dalla vicina, da una o dall'altra, ma non farmi stare a dormire all'asilo".  Lo dissi alla maestra, che molto carina, al pomeriggio cercava di starle vicino e di coccolarla un po', ma i bimbi erano tanti... Inoltre, restando di piu' all'asilo, anche per il pranzo, lei si rese conto di avere qualcosa di diverso e una volta mi chiese : " Io che cos'ho di diverso dagli altri bambini, che quando mangio devo prendere le capsule, e gli altri no? e poi io devo andare a Verona e gli altri non ci vanno..." E li' dovetti spiegarle di questa faccenda...non aveva ancora compiuto 5 anni. Chissa' se era per ragioni psicosomatiche, o per i tanti virus che girano in un asilo, fatto sta comincio' ad ammalarsi sempre piu' di frequente;  lavorai per circa due anni in quello studio, portando Prisca dai nonni quando si ammalava, ma loro abitavano a piu' di 100 km e il menage in questo modo risultava veramente complicato.... Lasciai il mio lavoro, nonostante mi piacesse molto, per fortuna lo stipendio di mio marito ci permetteva di vivere anche senza il mio contributo. E cosi' potevo dedicarmi alla mia bimba in toto. Poi lei inizio' la scuola e dopo un po' avevo desiderio di realizzarmi nel mio lavoro anch'io, e cosi' provai a mettermi in proprio, a fare la grafica da casa per vari studi. Non era tanto facile in questo modo : con il fatto che lavoravo a casa, avevo l'elasticita' per fare tutte le cose di una casa, ecc...ma poi il tempo per il mio lavoro restava un ritaglio.... Comunque si tirava avanti. Anche cosi', tuttavia, la bimba si ammalava abbastanza spesso di bronchite e poi qualche volta, negli anni, capitava anche il focolaio... mi rendevo conto che man mano che si andava avanti la malattia progrediva nonostante si facesse tutto quello che ci dicevano dal centro nel migliore dei modi. E cosi iniziai ad interessarmi delle medicine cosiddette alternative, che io preferisco considerare integrative, non sostitutive, molte cose possono comunque affiancare le medicine che servono a vivere. Non si possono certo togliere gli enzimi digestivi, ad esempio. Una delle cose che facemmo fu di andare da un bravo omeopata, che aveva salvato la bimba di una mia amica, sofferente di nefrosi. Nel suo caso, avendo scoperto che la bimba era intollerante a certi alimenti, con una dieta opportuna, la bimba usci' dal tunnel sempre piu' oscuro della malattia. A volte ci sono cose a cui un medico non pensa, o che lui sresso non sa, perche' uno non puo' sapere tutto, e magari un'altro che ha percorso altre vie, invece conosce. Ritengo che valga sempre la pena di allargare le conoscenze, e di tentare anche altre vie. Cosi' questo medico le fece dei test, dai quali risulto' che Prisca aveva varie intolleranze, e fra queste c'era l'intolleranza al maiale. Purtroppo gli enzimi digestivi venivano estratti dal pancreas di maiale e non esisteva alternativa. Tentammo comunque una dieta, senza togliere gli enzimi, naturalmente, ma fu un disastro. Oltre a venirle voglia di mangiare tutto quello che non avrebbe dovuto, in quel periodo le vennero anche le crisi asmatiche; faceva la seconda media. Aveva spesso broncospasmo, era un po' una sua caratteristica, ma crisi proprio le vennero solo in quel periodo. poi piu'. Scartata questa via, decisi comunque di non demordere. E cosi mi informavo sulle erbe, sugli alimenti che potessero aiutare...ho studiato le erbe, la macrobiotica, l'alimentazione naturale e ricca di elementi biodisponibili, il germe di grano, l'olio di lino, l'olio di pesce, tutti i tipi di fermenti che potessero far bene all'intestino... La fibrosi cistica di Prisca era completa, a 16 anni le venne anche il diabete. L'occlusione intestinale direi che e' l'unica cosa che ci siamo rsparmiate. Quando aveva tosse secca e stizzosa l'aiutavo con preparati erboristici ed omeopatici, cercando di ritardare ed eventuamente evitare il piu' possibile l'uso di antibiotici e cortisone.... A volte si riusciva, a volte no.
Una cosa di cui sono venuta a conoscenza solo in questi giorni e' l'applicazione dell'aglio, che pure sapevo avere effetti antibiotici e antiasmatici, ma non conoscevo il modo di usarlo, non e' certo possibile far mangire ad un bambino trecce di aglio. Avevamo provato con una ricetta trovata da mia madre,  aglio frullato e poi messo nel latte e preso a gocce, ma senza risultato apprezzabile. In questi giorni, troppo tardi per Prisca, purtroppo, ho conosciuto il sig. Giovanni Canta, che essendo lui guarito da una grave malattia grazie all'aglio, si dedica con passione a divulgare i benefici dell'aglio e le giuste applicazioni di questa umile ma preziosa medicina. Si possono trovare tutte le informazioni sul sito       http://www.napoli.com/aglio/index.htm  
Sono certa che se l'avesse saputo Prisca avrebbe sperimato anche questa medicina. Oltretutto e' anche abbastanza semplice da applicare : basta schiacciare uno spicchio d'aglio e metterselo sul comodino, quando si va a dormire, e poi altre applicazioni si possono trovare sul sito o contattando lui direttamente, sempre molto disponibile.

Siamo andate a yoga, meditazione, Reiki, Kinesiologia, macrobiotica, convegni di vario genere, tante esperienze fatte insieme, alla ricerca della GUARIGIONE.
A questo punto, se ho imparato qualcosa da tutto questo ricercare, dovrei dire che il bello e’ stato il farle, queste esperienze. Ebbene, si, posso dirlo, eravamo insieme, partivamo armate di speranza, in quei momenti eravamo cariche di energia positiva.
Era un bel viaggio. Il viaggio della speranza. Perche’ demonizzare i viaggi della speranza?

martedì 31 agosto 2010

La terapia del ridere *

Ognuno nella vita che sta vivendo ha una missione, che ha scelto prima di nascere. Così dice la legge dello spirito. Sapevamo questa cosa anche nel momento in cui stavamo vivendo le situazioni più drammatiche : infezioni respiratorie ricorrenti, senza tregua, flebo di antibiotici da fare di continuo, aghi che uscivano dalle delicate vene, viaggi agli ospedali per cercare rimedio, infermiere che scardassavano con aghi dentro la poca carne alla ricerca della vena giusta...un incubo che Prisca sopportava senza lamentarsi, con pazienza e stoicismo.
So anche che ci viene dato di dimenticare la scelta fatta prima di nascere, per poterla vivere appieno, con tutte le emozioni che comporta, nella natura umana. Devo dire che l'esperienza è duretta, in questo modo.
Ho supportato Prisca e ci siamo aiutate a vicenda in questo.
Pensandoci ora, mi sembra tutto un sogno, eppure è tutto accaduto realmente.
Avevamo imparato a vivere attimo dopo attimo : cosa importava se due ore prima era successo di tutto, quando alla sera si poteva andare a vedere un bello spettacolo a teatro? Facevamo l'abbonamento e approfittavamo di tutto quello che il nostro piccolo paese ci offriva. Che si andasse a teatro, a cena o da qualsiasi parte, Prisca si metteva davanti allo specchio, si truccava e pettinava con cura, cancellava ogni traccia di sofferenza, si vestiva con gusto, le piacevano i bei vestiti, e si presentava in pubblico con uno splendido sorriso che la illuminava tutta. Era molto bella. Da ultimo andava in giro con la bottiglia dell'ossigeno (stroller), il tubicino nel naso, ma praticamente le persone che aveva davanti se ne dimenticavano, non ci facevano caso, perchè veniva cancellato dalla luce che emanava da lei.
Una sera, la sua amica Ilaria venne a prenderla perche' con la sua compagnia andava a cena in un locale vicino alla nostra abitazione. Prisca aveva necessita' dell'ossigeno, e cosi' tutta bella truccata e vestita, con lo stroller a tracolla, usci'. In quel locale dopo cena si ballava e lei aveva sempre amato il ballo, purtroppo finche' non fu vietato il fumo nei locali pubblici, lei dovette smettere di andare in discoteca, perche' ogni volta che andava in disco partiva la bronchite e ci voleva un mese per riprendersi!  Aveva iniziato a quindici anni, ad andare al mitico Picchio rosso la domenica pomeriggio, ma a diciannove, dopo che le sue serate in discoteca erano sempre piu' diradate, praticamente dovette rinunciare : la cortina di fumo che si formava nei locali pubblici per i suoi polmoni era un veleno ! Quella sera, dopo anni che non ballava, scortata dai suoi amici, misero lo stroller a terra, fecero un cerchio stretto, in modo che nessuno potesse passare ed inavvertitamente danneggiarlo, e tutti insieme ballarono, attorno allo stroller.  Per Prisca fu bellissimo, ma io penso che anche i suoi amici non abbiano dimenticato questo avvenimento!
Se non uscivamo, cercavamo in tivù spunti per poter ridere, oppure sfruttavamo le video cassette che tenevamo sempre di scorta per i momenti critici. E' importante ridere, fa bene alla salute fisica e mentale. Ci sono importanti studi su questo. Noi abbiamo usato questa opportunità in tutti i momenti possibili ed e' stato veramente un grande aiuto. Abbiamo riso e scherzato su tutto. Naturalmente anche sulla malattia e quello che comporta.
Eravamo sempre con le orecchie dritte, attente a recepire tutto, senza nulla escludere, quello che ci poteva aiutare, e quello che imparava l'una lo trasmetteva immediatamente all'altra e insieme cercavamo la migliore applicazione.

*la terapia del ridere - S.Fioravanti-Leonardo Spina, RED edizioni

mercoledì 18 agosto 2010

L'evoluzione

Una cosa che puo' non risultare dal post precedente,  e' che nel rapporto con Prisca, stante il calvario vissuto, a causa della malattia che negli anni si e' andata via via aggravando,  e' molto piu' quello che io ho ricevuto di quello che io ho dato. Con lei ho rivissuto l'infanzia, un infanzia diversa dalla mia prima, dal momento che parellelamente ero bimba e mamma, piu' bimba che mamma, crescendo con lei ho imparato ad essere mamma, insieme abbiamo guardato i cartoni animati, abbiamo giocato con tutti i giochi, e quando lei ha iniziato a giocare con altri bimbi mi ha reso partecipe dei suoi giochi, delle sue emozioni.... dall'asilo alle superiori, quando mi raccontava che aveva fatto cabo' e poi subito dopo diceva che non era normale che lei mi raccontasse queste cose, di solito i figli tengono nascoste queste cose ai genitori! E poi tutte le discussioni e le chiacchere con i compagni di scuola : ore ed ore a parlare, in cui Prisca amava ragionare con me sulle cose che viveva nelle sue giornate. Ed io con lei vivevo esperienze nuove...in un certo senso io sono andata all'asilo con lei e poi alle elementari con lei, a ginnastica, a cateschismo, alle medie, alle superiori. A volte mi sembra che mi manchino le sue amiche piu' care, tanto le ho vissute attraverso di lei...
Poi quando e' cresciuta, non era piu' mia figlia, era mia sorella, mia confidente, come io lo ero per lei, e anch'io raccontavo a lei le mie esperienze sul lavoro, con le persone, e insieme ragionavamo sull'essenza delle cose che ci capitavano. Anche nell'aggravarsi della malattia, soprattutto negli ultimi anni, io l'ho si aiutata ed assistita, ma molte cose le faceva lei con la sua lucidita' ed il suo autocontrollo, teneva dietro a tutto lei, cure, recupero dei medicinali, in poche parole lei aiutava me ad aiutarla. La forte era lei. Mi sono resa conto che molte volte Prisca non si lamentava e non diceva nulla, per proteggere me dal dolore per le sue sofferenze.
Molti ragazzi che ho conosciuto, frequentando il Centro per la cura dell F.C. di Verona erano forti come lei. E ironizzavano su tutto, e si facevano delle benedette risate appena possibile.
Molte volte abbiamo scherzato e riso insieme agli altri ragazzi, nel  giardino dell'ospedale, durante i  lunghi ricoveri ospedalieri, soprattutto negli ultimi anni. Quello che ho potuto constatare e' che i bambini che nascono con malattie importanti,  hanno e sviluppano un'intelligenza ed una sensibilita' particolari, superiori alla media. Devo dire che e' proprio vero che attraverso la sofferenza ci si evolve maggiormente, anche se mi dispiace che si debba passare di li'. Per controparte i giovani, ma infine le persone,  che vivono tutte queste sofferenze, sono poi in grado di gioire ed apprezzare massimamente di ogni cosa bella che capita loro, anche la piu' piccola, quella che dagli altri non viene nemmeno vista. Al mattino, quando Prisca riusciva a mettersi in moto, dopo aver fatto l'aereosol, la fisioterapia, preso un po' di medicine, e magari attaccata alla flebo di antibiotico e al filo dell'ossigeno, si sedeva a tavola e si godeva la colazione con prosciutto crudo sfrigolante in padella, un uovo all'occhio di bue, un chicco di pepe appena macinato e pane fresco : "Che goduria!", diceva. E posso testimoniare che li', se la stava proprio godendo.
.......e le vacanze al mare, e un bel tramonto, e i fuochi d'artificio, uno spettacolo a teatro, una serata con gli amici, il fidanzato, tutto vissuto con un' intensita' ed un apprezzamento che non ritrovo nei ragazzi e nei bimbi sani, nelle persone in genere, che tutto possono fare e non riescono ad apprezzare nulla. Sempre alla ricerca di qualcosa di piu' forte, di piu' emozionante....   A proposito : "Le leggi del mondo" io le sto ancora cercando, e questa si'  che e' un'emozione forte!

"Non esiste gioia piu' alta che proteggere e rendere felice l'essere che ami"*

Dal momento in cui fu fatta la diagnosi di Fibrosi Cistica, e mi fu spiegata la malattia e il suo possibile evolversi, io pensai che avrei fatto di tutto per proteggerla, per prendermene cura. Sarei stata il suo mantello nei giorni freddi, sarei stata il materassino su cui cadere, questo fu il mio primo pensiero e questo fu anche la prima cosa che mi resi conto avrei dovuto combattere per darle la possibilita' di avere una vita propria. Una volta cresciuta era poi lei a combattere questo mio atteggiamento, con la sua forza e il suo spirito indipendente : "Stammi su di dosso, che mi soffochi", mi diceva di tanto in tanto.
Una delle canzoni che ho sentito molto, che ha sentito molto anche Prisca e' la "Cura" di Battiato, dove dice: "Ti proteggero' perche' sei un essere speciale ed io avro' cura di te", " Conosco le leggi del mondo e te ne faro' dono...", come avrei voluto poterlo fare...., ma posso dire che insieme abbiamo , e lo stiamo ancora facendo,"Percorreremo insieme le vie che portano all'essenza".
Sia io che suo padre, in questo siamo stati sempre concordi, ognuno a modo proprio, abbiamo fatto di tutto per far si che Prisca potesse fare cose belle che le potessero far bene e dare gioia. Restando inseriti, noi e lei con noi, nella vita che ci era stata data, nelle condizioni che ci erano state proposte dalla vita.
Quando era piccola, ci avevano spiegato che per i suoi polmoni le condizioni climatiche ideali erano di vivere in un clima caldo, di mare, come d'estate al mare da noi....solo che l'estate da noi dura poco... ad un certo punto avevamo pensato anche in che paese emigrare per cercare la salute per lei, per poi renderci conto che uno sradicamento dalle nostre origini e famiglie di origine non avrebbe fatto il bene di nessuno, neanche il suo. Prisca era legata anche ai nonni, agli zii...e ci teneva a sentire che aveva la sua "tribu'" che nel tempo si e' allargata e riempita di tanti amici.
Ho ben presente la sensazione di vederla sorridere, essere felice di qualcosa : una sensazione di gioia che mi pervadeva, e mi riempiva. La stessa cosa la riconoscevo anche in suo padre. Per lui ad un certo punto era diventato piu' un dare cose,  per me restava un esserci, un dare amore, sostegno.
*(Una stazione nel cuore-A.Bona)

venerdì 13 agosto 2010

Come fu che nacque Prisca

Avevo 18 anni e come quasi tutti gli adolescenti ero in piena crisi esistenziale : che strada prendero’ nella vita, come voglio essere da grande, cosa e’ giusto e cosa e’ sbagliato.....
Oggi, che abbiamo tante strade aperte davanti a noi siamo pervasi dall’ansia di fare la cosa giusta; abbiamo paura di perdere le occasioni che la vita ci offre…..comunque, alla fine, la strada che si puo’ prendere e’ una, e bisogna percorrerla fino in fondo.
Chissa’ se fu’ perche’ avevo paura di sbagliare scelta che finii per lasciar scegliere alla vita : mi ero innamorata di un ragazzo che frequentava come me l’Istituto d’Arte Ceramica a Faenza, di qualche anno piu’ grande e nella primavera dopo che avevo compiuto i 18 anni mi accorsi di essere incinta. La cosa strana, data la situazione, non avevo finito di andare a scuola, soldi in casa ce n’erano pochi, visto che eravamo tre fratelli, stavamo studiando ancora tutti, i miei genitori facevano gli agricoltori e non erano facoltosi, la cosa veramente strana ancora oggi a ripensarci, e’ che io ero felicissima di essere incinta! 
Ero felicissima di aspettare un bimbo e nella mia testa vedevo i suoi occhi, scuri profondi e buoni : esattamente gli occhi di Prisca! Era come se stesse arrivando finalmente qualcuno che sapevo doveva arrivare, ed era fonte di gioia per me poterlo finalmente incontrare.
Francesco, il mio fidanzato e futuro padre, aveva, da un anno, iniziato a lavorare in qualche fabbrica di ceramica di Sassuolo, e in agosto ci sposammo, giusto quindici giorni prima del mio diciannovesimo compleanno.
Un mese dopo che eravamo sposati iniziarono i primi problemi fra di noi : scoprii che Francesco aveva un carattere difficile, alzava la voce per ogni cosa che lo contrariava e questo per me era fonte di sofferenza. Iniziai ad addormentarmi piangendo.Magari dopo cercava di farsi perdonare, ma intanto c’erano state sfuriate, litigate, discussioni ad alta voce. 
Io pero’ ero stata allevata con il concetto che il matrimonio e’ indissolubile e, nonostante che dopo poco essermi sposata sarei tornata a casa dai miei volentieri, restai con mio marito. Certo c'erano anche momenti tranquilli e piacevoli, e soprattutto sentivo che lui fondamentalmente era buono. Ma la cosa piu' importante era che anche lui ci teneva a questo bimbo in arrivo.
Ancora oggi mi chiedo se non sarebbe stato meglio che avessi interrotto questo matrimonio velocemente. Anche Prisca ha sofferto per questo modo di fare, pero' ha avuto suo padre vicino, che comunque le ha sempre voluto tanto bene e naturalmente anche lei a lui.
Insomma in questo quadretto non del tutto idilliaco nacque Prisca.
Io frequentavo l’ultimo anno di un corso triennale di Design all’Istituto d’Arte di Faenza. 
Andai a scuola con il pancione fino al venerdi. Il sabato andai all’ospedale e la mia bimba vide la luce nei primi dieci minuti della domenica. Parto regolare. Fino a pochi minuti prima di partorire, fra una doglia e l’altra leggevo Topolino : sai che noia aspettare che mi venisse un altro dolore senza fare nulla! 
In sala travaglio c’era mia mamma che nel vedermi con le doglie le venivano i lucciconi, poi arrivo’ mia cugina Paola a darle manforte con le lacrime : mi dispiaceva di farle soffrire, ma ormai, non potevo far altro che farmi forza per me stessa. E cosi' pensavo a tutte le donne dall’inizio dei tempi che avevano partorito e me le vedevo sfilare li’ davanti, erano tante, ce l’avevano fatta quasi tutte, ce l’avrei fatta anch’io. 
Intanto me ne stavo tranquilla leggendo il Topolino che mi ero fatta comprare per l’occasione. L’ostetrica disse : “finche’ legge vuol dire che non e’ ancora ora che nasca”. Dopo mezz’ora Prisca era fuori. Erano le 0,10 della domenica.
La pesarono, la lavarono, un tempo interminabile prima di farmela vedere : che sistemi assurdi avevano nel 1979. Io ero impaziente di vederla, anche se devo dire che nel frattempo mi stavano dando i punti e facendo un male cane, quindi non riuscivo a reclamare la mia piccola…poi finalmente eccola li', addosso a me, avvolta in un panno, violetta e tutta somigliante a suo padre…ebbi un attimo di perplessita'!
Intanto il ginecologo che aveva assistito al parto le prese una manina, era magra Prisca, duechilinovecentogrammi per cinquanta centimetri di lunghezza, e, osservandola, disse che aveva dita lunghe e sottili e che avrebbe fatto la pianista o l’ostetrica : non aveva il dono della preveggenza quel medico.
Poi me la portarono via di nuovo, allora li tenevano nella nursery, lontana dalle partorienti, e mi misero in un letto, in una stanza della maternita’, a tremare di freddo. 
La mattina alle cinque finalmente me la riportarono : era gia’ meno viola e mi sembro’ una meraviglia. Da li’ in poi me la sono guardata, adorata, coccolata, sempre.
Quando finalmente ci mandarono a casa potevo guardarla quanto volevo : passavo ore ad osservarla, ad ammirarla e rimirarla e mi sembrava un miracolo : per me Prisca e’ stata un miracolo nella mia vita, un dono del cielo.
Poi venne il momento di tornare a scuola, volevo finire il corso, c’era da fare una tesi, l’esame.
Prisca era nata a Febbraio e a Marzo tornai a scuola.
Al mattino, prima di andare a scuola mi tiravo il latte, lo mettevo in un biberon e Prisca restava con mia mamma, che le dava il latte del biberon a meta’ mattina.
L’organizzazione era perfetta. Purtroppo la piccola non cresceva abbastanza, nonostante mangiasse con voracita’. 
Alla maternita’ il pediatra mi aveva parlato del sospetto, dato dall’esame del meconio (la prima cacca) di una certa malattia genetica, per cui se ci fossero stati problemi di rivolgersi a loro.
Aveva quaranta giorni quando fu ricoverata la prima volta. Esami su esami, la mia scricciolina sembrava un topolino di laboratorio. Ogni mattina si inventavano nuove torture da farle nella giornata. Era un bel caso raro, da studiare.
Dopo due settimane in ospedale, dove dormivo in terra su un materassino da campeggio gonfiabile per non allontanarmi dalla mia piccola, volli andare a casa. 
Lo dissi con il medico e lo convinsi a mollarci, dietro la promessa che l’avrei riportata alla fine della scuola.
Adesso per fortuna hanno adottato il metodo di mandare a casa quanto prima, allora tenevano in ospedale un tempo interminabile….
Finita la scuola la riportai in ospedale, come d’accordo con il pediatra.
Che pessima idea riportarla li!  Aveva quattro mesi e dopo una settimana che era li’, oltre le torture legate alla serie infinita di esami, le venne la prima bronchite : fu cosi che inizio’ la mia diffidenza per medici e ospedali.
Lo so che a volte non se ne puo’ fare a meno e noi l’abbiamo imparato troppo bene, ma bisogna stare molto in guardia. Bisogna avere molta cura di se stessi : informarsi il piu’ possibile, essere consapevoli di tutto quello che ci riguarda, fidarsi con riserva di tutti i medici : per quanto bravi possano essere, nessun medico e’ miglior medico di se stesso!

venerdì 30 luglio 2010

La comunicazione

Comunicare fra persone zavorrate dal loro corpo materiale e persone che hanno abbandonato il corpo, non e' semplice. Poca fede e poca conoscenza di questa possibilita', fanno si che risulti difficile, ma non impossibile. Anche perche', fin dall'antichita', chi ha avuto questo dono, spesso ha cercato di farne un buisness e quindi di spingere sul far credere che non sia possibile per tutti. Tuttavia ci sono tante  testimonianze che parlano di queste comunicazioni, la maggior parte delle quali da parte di genitori che non si rassegnano alla perdita di un figlio, oppure di coniugi. Io per prima ho sempre dubitato, a volte ancora...si formano pensieri in testa, improvvisi,  proprio lontani dai miei soliti pensieri, e allora ci sono giorni in cui  accetto e riconosco che sia un messaggio, altre volte, dipende dal mio livello di fede, mi metto a vivisezionare il pensiero per dimostrarmi che e' casuale o contestuale. Piu' o meno quello che fa il CICAP. Le prove non bastano mai, a noi che siamo gente di poca fede. Ma appena ci apriamo a questa possibilita' ecco fiorire un mondo diverso. A volte  mi chiedo se non sia tutto un sogno, un'illusione...ma questo potrebbe benissimo valere anche per quella che noi tutti riteniamo la vita reale...e' tutto cosi assurdo in questo mondo : nel tempo si sono viste cose terribili fatte dagli uomini, l'inquisizione, gli olocausti e poi i ribaltamenti, le liberazioni e poi da capo le oppressioni... e se fosse questo il sogno collettivo? In fin dei conti, che senso avrebbe la vita di un uomo in pezzettini di questi cicli che, con varie modalita', si ripetono?
E' un percorso di fede, che ho deciso di fare, aiutata da forze invisibili, ma che, sono sempre piu' certa, ci sono e "c'ho le prove". Il fatto piu' eclatante che mi e' capitato questa primavera e' andato come ora vengo a raccontare. Naturalmente, non essendo una mistica, da quando Prisca se n'e' andata ho cercato di fare dei corsi, di trovare qualcuno che mi insegnasse una tecnica, un modo per comunicare. Si usa cosi' in questo tempo sulla terra, si fanno corsi che costano salati, tutti devono pur vivere...i santoni o mistici indiani che vivevano di carita'; e prendevano con se chi voleva seguirli per imparare da loro non esistono piu', forse in occidente non sono mai esistiti e comunque di questi tempi va' cosi'. Ho seguito a Febbraio un corso che si chiama "Prima Piuma" che insegna a sviluppare la medianita'. Ad Aprile, un mattino mi sono svegliata con un senso di tristezza, di mancanza di Prisca piu' accentuato del solito. Ero da sola in casa, in silenzio, come mi capita tante volte, e mi piace starci, mi sembra di poter ascoltare meglio tutto quel vociare che c'e' dentro; sono anche curiosa di capire cosa si dice dentro la mia testa. Ad un certo punto, guardando l'ora, mi e' venuto in mente che alle nove c'e' Fabio Volo che fa la sua trasmissione e che Prisca non voleva mai perdere, tanto le piaceva. E cosi' mi e' venuto da chiederle : "Ti piace ancora Fabio Volo, anche dove sei adesso?" Immediatamente mi si e' formata in testa una frase che ho sentito il bisogno di scrivere, di getto, senza interruzioni :


FabioVolo e' un'anima libera,antica, porta con leggerezza, nel mondo della superficialita', riflessioni profonde, momenti di collegamento al mondo della spiritualita'. Fa lo scemo, ma intanto dice cose molto importanti e le persone lo ascoltano senza sentirsi bigotti o fuori tempo, come potrebbe essere se andassero a parlare con un prete di qualsiasi istituzione religiosa.Fabio Volo in un certo senso e' un sacerdote dell'era moderna : cura la spiritualita' dei giovani e delle persone d'oggi con i modi e i mezzi che sono piu' diffusi ed accettati nel mondo attuale.




Dopodiche' ho cercato la stazione con la trasmissione che doveva essere in corso, sul computer, ma non riuscivo a connettermi, allora ho provato a cliccare sul link del giorno prima e mi sono messa ad ascoltare i vari pezzi registrati ed ascoltando, ho iniziato a mettere ordine, spazzare la casa, lavare i bicchieri e le tazze della colazione...ad un certo punto, alla fine dell'ultimo pezzo, mi si sono drizzati peli e a momenti mi cade quello che ho in mano....via di corsa a riascoltare l'ultima parte di "Letture da Terzani", un po' di volte...... (link sotto)   "Ok Pri, ricevuto, chiaro e forte!!"
Il Cicap puo' dire quello che vuole, ma per me quel giorno e' stato bellissimo e anche i giorni successivi , e quando ne ho bisogno, perche' magari ricado nel dubbio, ritorno ad ascoltare quel pezzettino di Fabio Volo che Prisca ha voluto che ascoltassi, e ritorno a commuovermi si, ma con gioia.

http://www.deejay.it/dj/radio/programma/podcast/11/2010-04-21/Il-Volo-del-mattino?idProgramma=14



Per chi non dovesse riuscire a collegarsi, il pezzo in questione mette dapprima la colonna sonora di "Gost", film che avevamo visto varie volte insieme... 
Poi inizia la lettura di Terzani che vado in parte a trascrivere :"Guarda un filo d'erba e sentiti come lui, ti passera' anche la rabbia. Una strada c'e' nella vita, la cosa buffa e' che te ne accorgi solo quando e' finita. Ti guardi indietro e dici : oh guarda c'e' un filo......quando vivi non lo vedi questo filo eppure c'e'


....vivo ora qui con la sensazione che l'universo e' staordinario e che niente succede per caso e che la vita e' una continua scoperta e io mi sento davvero fortunato perche' ogni giono e' davvero un'altro giro di giostra.


E ricordati io ci saro', allora ogni tanto se mi vuoi parlare, mettiti da una parte e chiudi gli occhi e cercami... ci si parla,  ma non nel linguaggio delle parole, nel silenzio  .....se noi ci pensiamo anche solo un momento, per potere davvero ascoltare, ci vuole il silenzio....